Alpi Retiche Occidentali: Val Terzana (o di Scermendone)

Val Terzana - Scermendone - Val Masino - Sasso Bisolo - Corni Bruciati
La Val Terzana (o di Scermendone).

La perla sudorientale della Val Masino

Divido le mie uscite sui monti in due categorie. Nella maggior parte dei casi non parlerò della giornata trascorsa in montagna. Fino a qualche tempo fa questa era la prassi comune ma oggi la prospettiva è ribaltata. I monti sono uno degli scenari che preferiamo per dare sfogo al bisogno di visibilità e affermazione ai tempi dei social network.

Talvolta mi sorprendo a condividere istantanee per la mera paura di sentirmi altrimenti tagliato fuori dall’universo parallelo dell’apparenza, ma ho deciso di cambiare atteggiamento. Tenere qualcosa per noi è come mettere una moneta nel salvadanaio dei ricordi.

Quando sento forte il desiderio di raccontare gli spazi in cui mi muovo cerco di raccontare una storia, un messaggio, stimolare una riflessione. Evito di marcare il territorio virtuale per segnare la mia presenza o mostrare un’impresa. Forse queste pulsioni non possono essere estirpate fino alle radici più profonde, ma cerco di tenerle a bada. Racconto cercando di mettere al centro le storie in cui mi immergo e che sono convinto sia importante conoscere. Storie di natura, uomini e donne che riempiono le montagne nelle loro più minute ondulazioni.

Condividere per raccontare e non per ostentare; questo potrebbe essere il motto di Storie Minerali.

Durante questa gita solitaria in Ottobre è andata così e questo è il racconto della Valle di Scermendone, o Terzana.

Corni Bruciati - Disgrazia - Val Masino - Bernina - Val Terzana - Scermendone - Giovanni Baccolo
Dalla cima del Pizzo Bello, con lo sguardo ai Corni Bruciati e al Disgrazia. In lontananza il massiccio del Bernina.

Val Terzana, o di Scermendone: un caos geologico in un mare di granito

Valle poco conosciuta la Val Terzana, o di Scermendone come è altrimenti nota. È un ramo secondario della Val Masino, una delle più importanti incisioni che si aprono sul versante retico della Valtellina. La Val Masino è assai nota, sia tra gli escursionisti che tra gli alpinisti. Le sue vertiginose bastionate granitiche si ergono dai boschi fino alle nevi perenni. La qualità della roccia, una granodiorite solidissima, disegna linee perfette dove pareti, fessure, diedri e tetti si alternano creando un’armonia geometrica. A smorzarla sono abeti, faggi e betulle che nella parte bassa della valle affondano le radici su esili cenge, creando meravigliosi boschi pensili.

La geologia della Val Masino è omogenea, la granodiorite -chiamata ghiandone per via dei grandi cristalli di feldspato- affiora ovunque. A differenza di quanto si potrebbe pensare, la scarsa varietà geologica non produce alcuna monotonia. La verticalità del granito, frutto della sua resistenza alle intemperie, è anzi esaltata dalla sequenza di pareti che si susseguono. C’è però un angolo della Val Masino che con questa descrizione ha poco a che fare. La omogeneità geologica è qui sostituita da un caos che regala alle montagne un sapore diverso: la Valle di Scermendone, o Terzana.

Val Masino - Valle del Ferro - Arcanzo - Averta - granodiorite - Alpi Retiche Occidentali
La costiera Averta-Arcanzo in Val Masino. Tutta la roccia che compare nella fotografia è granodiorite.

Un po’ di geografia

Le laterali più meridionali che deviano dal solco della Val Masino sono la Valle Spluga e la Valle di Sasso Bisolo, in destra e sinistra orografica. La prima intercetta il fondovalle a Cevo, la seconda si stacca poco più a monte, all’altezza di Cataeggio. Da qui la Valle di Sasso Bisolo risale verso nordest il fianco sinistro della Val Masino, spingendosi fino ai piedi del Disgrazia.

Val Masino - Valle Spluga - Valle dei Bagni - Val di Mello - Valle di Sasso Bisolo - Alpi Retiche Occidentali - cartina - mappa - Brasca - Balabio - Silvestri - Corti
Geografia essenziale della Val Masino. Sono evidenziate le vallate secondarie che la definiscono. La carta è tratta dal volume Alpi Retiche Occidentali, di Brasca, Silvestri, Balabio e Corti (1911).

Nella parte alta la Valle di Sasso Bisolo si divide in due rami. Uno -il più settentrionale- punta al Disgrazia ed è chiamato Valle di Preda Rossa; il secondo -meno pronunciato- è invece l’estrema propaggine sudorientale della Val Masino: la Val Terzana, o di Scermendone.

La Valle di Sasso Bisolo occupa la parte sudorientale della Val Masino. Verso sud si affaccia direttamente sulla Valtellina, verso cui digrada attraverso un sistema di ripide e boscose vallecole. A settentrione è chiusa dalla dorsale di Averta-Arcanzo, lo spartiacque che la valle condivide con la Valle di Mello. A dominare la testata della valle -allungata a nordest lungo il ramo di Preda Rossa- c’è la mole del Disgrazia, massima elevazione della Val Masino. Per chiudere il cerchio, la parte orientale della Valle di Sasso Bisolo confina con la Valle di Caldenno (o di Postalesio) e la Valle Airale, la prima diretta in Valtellina, in Valmalenco la seconda.

Disgrazia - Preda Rossa - Sasso Bisolo - Val Masino - Alpi Retiche Occidentali - ghiacciaio
Il Disgrazia di svela mentre risalgo la Val Terzana. Subito sotto alla Sella di Pioda inizia la sua corsa verso valle il Ghiacciaio di Preda Rossa, l’ultimo ghiacciaio esposto a sud della Val Masino.

La Valle di Sasso Bisolo non è certamente poco frequentata, anzi. Sono in molti a dirigersi verso la Valle di Preda Rossa, dove si trova il rifugio Ponti. Chi arriva da queste parti lo fa per salire la normale al Disgrazia, percorrere il sentiero Roma, o ammirare le piane di Preda Rossa. Le Piane sono due gioielli e i luoghi più noti della valle. Sono due piane proglaciali percorse da un’intrico di ruscelli che incide vaste torbiere circondate da lariceti e ghiaioni.

A favorire la frequentazione della Valle di Preda Rossa è la strada che da Cataeggio sale fino alla prima piana, a 1900 metri di quota. La tortuosa strada si sviluppa per 11 chilometri. Fu costruita dall’ENEL negli anni ’60 per servire il cantiere di una diga che non venne realizzata. Le Piane di Predarossa sono così state preservate, ma la strada è rimasta a facilitare l’accesso a questi luoghi.

Queste vicende riguardano il ramo nobile della Valle di Sasso Bisolo, quello di Preda Rossa appunto. La defilata Valle di Scermendone è rimasta tenacemente tagliata fuori da queste cronache. Se raccontate a un conoscitore delle Alpi Retiche valtellinesi che andrete in Val Terzana, con tutta probabilità non saprà di cosa parlate. Potrebbe andarvi meglio usando l’altro nome della valle -Valle di Scermendone-, ma non è detto. Eppure è una valle bellissima, selvaggia e solitaria. Perché qui non viene nessuno quando la vicina Valle di Preda Rossa è sempre più conosciuta, rimane un mistero.

Val Masino - Alpi Retiche Occidentali - Val Terzana - Scermendone - Valle di Preda Rossa - Disgrazia
Dalla già citata carta, la Valle di Sasso Bisolo. L’alta valle si apre in due rami, quello settentrionale di Preda Rossa, quello meridionale di Scermendone (o Val Terzana).

Un po’ di geologia

Da un punto di vista geologico la Val Masino è semplice da descrivere. Ovunque affiora la granodiorite, con un poco di tonalite qua e là. Sono rocce di origine intrusiva, vale a dire prodotte dal raffreddamento profondo di masse di magma. Il raffreddamento, avvenuto in profondità, ha richiesto tempi lunghissimi, permettendo alla roccia di sviluppare grandi cristalli. In geologia una massa di magma solidificato in profondità, quando viene esposto in superfici prende il nome di plutone. Ecco perché si parla del Plutone del Masino-Bregaglia, una grande struttura intrusiva che oggi affiora in un’area di circa 15 x 20 chilometri. Il plutone si formò 30 milioni di anni fa, quando una massa di magma rimase intrappolata nelle profondità delle allora giovani Alpi. L’erosione, la tettonica e i ghiacciai hanno poi fatto il resto, esponendo il plutone e scolpendolo fino a dargli le forme che conosciamo oggi.

I due rami della Valle di Sasso Bisolo sfoggiano rocce che con la granodiorite hanno poco a che fare, eppure siamo ancora in Val Masino. Questo angolo della grande valle retica ha deciso di ribellarsi all’egemonia geologica della granodiorite e ha scelto di esibire rocce completamente diverse. Questo è vero soprattutto per la Val Terzana, dove di granodiorite non c’è nemmeno la più piccola traccia. Qui troviamo in abbondanza affioramenti di ofioliti, in particolare serpentiniti. Sono rocce metamorfiche prodotte dalla trasformazione del fondale vulcanico degli oceani. Sono ricche di ferro ed è per questo che una volta esposte all’atmosfera diventano rossastre, arrugginiscono.

In questa parte della Val Masino ci sono intere montagne fatte di queste rocce. Per esempio la costiera del Sasso Arso e dei Corni Bruciati, che separa la Valle di Preda Rossa dalla Val Terzana (o di Scermendone). Avrete capito che il nome dato a queste cime dipende proprio dal loro colore ferruginoso, che al tramonto e all’alba diventa talmente acceso da sembrare finto. Il contrasto di questi affioramenti con le grigie rocce plutoniche è grandioso.

Lo scarto geologico tra questa parte della Val Masino e il resto della valle non è soltanto una questione di colore. Anche la forma delle montagne è coinvolta. Graniti e serpentiniti producono rilievi dalle forme profondamente diverse. Le cime granitiche, regolari e squadrate, sembrano inaccessibili fortezze disegnate con il righello. Al contrario le cime di serpentinite -come i Corni Bruciati, o anche il Disgrazia in buona parte- paiono castelli in rovina cotti dal sole e pronti a crollare. A differenza del granito, il serpentino è attaccabile dall’acqua e dalle intemperie. Una volta esposto all’atmosfera si altera velocemente, sfasciandosi e creando immani ghiaioni rossastri. Anche Edward Whymper, il primo salitore del Cervino, aveva notato che la forma delle montagne dipende dalle caratteristiche delle loro parti più minute:

«È degno di nota il fatto che non solo i frammenti di rocce come il calcare presentano spesso le forme caratteristiche delle pareti rocciose da cui sono state colte, ma anche che pezzi di mica rappresentano, in modo meraviglioso, l’identica forma delle cime di cui hanno fatto parte. D’altronde perché non dovrebbe essere così se la massa della montagna è omogenea? Le stesse cause che producono piccole forme plasmano anche le più grandi: i medesimi processi sono all’opera. Lo stesso gelo e la stessa pioggia
danno forma alla vasta massa così come alle sue parti.»

Da “Scalate nelle Alpi, Edward Whymper (1872)

In Val Terzana non affiorano soltanto serpentiniti. Queste rocce rossastre affiorano solo sul versante orografico destro. Quello sinistro è costituito di rocce diverse di origine metamorfica, soprattutto gneiss. Sono rocce più antiche, deformate e trasformate dall’orogenesi alpina. La stratificazione di questi affioramenti è perfettamente verticale e questo ha prodotto un susseguirsi di forre e creste rocciose sul fondovalle, tutte impostate lungo la direzione di sviluppo della valle. Gli strati si sono erosi in modo proporzionale alla loro resistenza. Quelli deboli sono stati asportati, producendo le forre, i più resistenti contrastando l’erosione hanno invece creato le creste. La complicata alternanza di questi elementi e la mancanza di pareti verticali regalano alla valle un aspetto ampio, reso solenne dai movimenti che la increspano. Forme simili non si trovano altrove in Val Masino.

Leggere la geologia di montagna e riuscire a utilizzarla per interpretare le forme del paesaggio mi affascina sempre. Nulla in natura è casuale.

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Alta Valle di Scermendone, o Terzana.

Un po’ di geomorfologia

A plasmare le forme del paesaggio non è soltanto la geologia. Tanti e diversi processi hanno questa capacità. In montagna sono fondamentali quelli glaciali e periglaciali e in Val Terzana/Scermendone è possibile cogliere le traccia lasciate da entrambi. La differenza tra glaciale e periglaciale è mentre a produrre le forme di origine glaciale è l’azione dei ghiacciai, nel secondo caso è l’alternanza di cicli gelo/disgelo.

Tra tutte, la struttura che più ha catturato la mia attenzione è stata la fascia di detriti adagiata al piede dei ghiaioni dei Corni Bruciati. Se osservate l’immagine qui sotto vedrete che i detriti non sono disposti in modo uniforme, ma sono accumulati lungo una striscia dove la loro concentrazione è massima.

Rock glacier - Corni Bruciati - Val Terzana - Scermendone - periglaciale - Val Masino - Alpi Retiche Occidentali
Relitti di rock glacier ai piedi dei ghiaioni alimentati dai Corni Bruciati

Quella fascia di detriti è la traccia di un rock glacier relitto. I rock glacier sono masse di detrito che contengono del ghiaccio e si muovono seguendo le linee di pendenza. L’analogia con i ghiacciai veri e propri è evidente. Entrambe sono forme tipiche degli ambienti freddi e implicano il movimento gravitativo e deformativo di grandi masse.

Mentre conosciamo bene come si formano i ghiacciai, la genesi dei rock glaciers è ancora oggetto di studio. Le ricerche suggeriscono due meccanismi. Possono formarsi a partire da un ghiacciaio che si copre di detriti (genesi glaciale), oppure grazie a dinamiche che coinvolgono esclusivamente il permafrost (genesi periglaciale). Un rock glacier può formarsi grazie all’acqua di fusione della neve che percola all’interno dei ghiaioni e gela in profondità, dove le temperature sono sempre negative.

Il secondo meccanismo forse quello più adatto per spiegare la formazione dei rock glacier relitti dei Corni Bruciati. L’esposizione a sud, la quota relativamente bassa e la presenza di rocce scure che assorbono calore sono tutte caratteristiche non favorevoli per il sostentamento di un ghiacciaio. Possono invece esserlo per la genesi periglaciale di un rock glacier.

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I rock glacier relitti della Val Terzana osservati dal basso

I rock glacier della Val Terzana sono dei relitti. Questo significa che non sono più attivi e non sono soggetti a movimento. Non è più presente ghiaccio al loro interno. A suggerirlo sono la morfologia “sgonfia” e la mancanza di una fronte ripida. Quelli in Val Scermendone sono il fantasma di antichi rock glacier. Per fare un’analogia con i ghiacciai è come se considerassimo le morene di un ghiacciaio scomparso.

Per distinguere i depositi glaciali da quelli dei rock glacier bisogna considerare la frazione di sedimento fine che essi contengono. Gli ultimi ne sono del tutto privi, poiché il movimento dei rock glacier avviene per pura deformazione e non ha potere abrasivo. Al contrario le morene lasciate dai ghiacciai sono ricche di fini prodotti dall’azione che il ghiaccio esercita sul letto e sui clasti incassati nello stesso ghiaccio.

Non soltanto morfologie periglaciali, la Valle di Scermendone fa anche mostra di una ricca scelta di strutture di origine glaciale. Sono soprattutto i segni lasciati dai ghiacciai che si svilupparono nella valle durante le avanzate tardiglaciali, avvenute tra i 20 e 10 mila anni fa. Magari un occhio poco allenato fa fatica a cogliere questi segni smussati dalle migliaia di anni, ma non appena si impara a leggere queste forme sinuose, il paesaggio comincia a raccontare storie prima impossibili da decifrare. Il sistema di morene mostrato qui sotto è stato depositato da un piccolo ghiacciaio che traeva alimento dalle creste sommitali della Val Terzana e si lanciava verso la Valtellina. Oggi rimane questo intreccio di argini, che come per magia si innesta sui rilievi, sulle dorsali rocciose e segue con armonia la pendenza della vallecola.

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Le morene tardiglaciali dell’alta Val Vignone. Il solco vallivo colmo di nubi è la Valtellina, le cime all’orizzonte le Orobie.

La leggenda dei Corni Bruciati

Una volta fatta questa escursione -erano anni che ci pensavo-, ho cominciato a studiare le informazioni disponibili sulla Val Terzana/ Scermendone. Ho scoperto che nella valle è ambientata una leggenda, tramandata dai pastori che raggiungevano questi luoghi fino a qualche decennio fa. Riporto la versione di paesidivaltellina: la leggenda di Preda Rossa, del monte Disgrazia e dei Corni Bruciati.

«Un tempo questi non erano, come oggi, desolate torri di roccia rossastra, ma bei pizzi alle cui falde si stendevano, nelle valli Preda Rossa e Terzana, splendide pinete e pascoli rigogliosi. Vi giunse, un giorno, un mendicante lacero ed affamato, che si rivolse, per essere ristorato, a due pastori, l’uno di animo buono, il secondo di animo malvagio. Quest’ultimo lo schernì e gli disse che poteva offrirgli solo gli avanzi del cane, mentre il primo ne ebbe pietà, lo rifocillò e gli cedette il giaciglio per la notte. Il mattino seguente il mendicante prese in disparte il pastore buono e gli ordinò di lasciare subito Preda Rossa per salire a Scermendone e tornare a Buglio, senza mai voltarsi, qualunque cosa avesse sentito alle sue spalle.

Il pastore vide il suo aspetto trasfigurarsi, divenendo luminoso e maestoso, e capì che si trattava del Signore, per cui obbedì senza indugio. Lasciata Preda Rossa, il pastore buono cominciò a sentire alle proprie spalle un gran fragore, grida, rumore di piante e massi che rovinavano a valle, ma proseguì il cammino, ricordandosi dell’ingiunzione del Signore. Quando, però, ebbe raggiunto il crinale di Scermendone alto, e si accingeva a scendere verso Buglio, non resistette e volse lo sguardo.

Fece appena in tempo a vedere uno spettacolo apocalittico, un rogo immane che divorava i boschi, ma, ancora di più, la stessa montagna, che si sgretolava e perdeva enormi massi, i quali precipitavano, incandescenti, a valle. Vide solo per un istante, perché fu subito accecato da due scintille, che lo avevano seguito. Pregò, allora, il Signore che lo perdonasse per la disobbedienza, e questi lo esaudì, chiedendogli di battere il piede contro il terreno e di bagnare gli occhi all’acqua della sorgente che sarebbe da lì scaturita. Fece così, e riebbe la vista, tornando a Buglio a raccontare i fatti tremendi di cui era stato testimone.

Da allora il fianco di sud-est della Valle di Preda Rossa e quello settentrionale della Val Terzana restano come desolato monito che ricorda agli uomini l’inesorabilità della punizione divina per la loro malvagità.

Anche i toponimi parlano della remota e terribile vicenda che ha segnato quest’angolo di Val Masino: il Monte Disgrazia, prima chiamato pizzo Bello, cedette il suo nome alla meno maestosa cima che presidia l’angolo sud-est della Val Terzana e divenne Disgrazia a memoria di questi fatti.»

Val Terzana - Scermendone - Val Masino - Alpi retiche occidentali
La parte bassa della Val Terzana è occupata da splendidi lariceti.

Un itinerario per conoscere la Val Terzana (o di Scermendone): salita al Pizzo Bello

Con i suoi 2753 metri il Pizzo Bello domina tutta la val Terzana e dalla sua vetta si può ammirare il Disgrazia, il Bernina con i suoi ghiacciai e tante altre cime della Valmalenco e della Val Masino. Se volete conoscere ed esplorare questa valle vi consiglio di salirlo. Per raggiungerlo è infatti possibile seguire un periplo che segue quasi interamente i limiti di questa valle, permettendo di immergersi completamente in essa.

Il sentiero per raggiungere il Pizzo Bello è relativamente ben segnato. Dal parcheggio di Preda Rossa si segue l’evidente traccia che punta verso Scemendone (a destra del parcheggio). In venti minuti pora all’imbocco della Val di Terzana. Da qui si continua fino a un pascolo, dove il sentiero muta in strada sterrata e risale il fianco sinistro della valle.

Dopo un paio di tornanti si arriva in cresta, in corrispondenza degli ampi pascoli di Scermendone, dove sorge un omonimo bivacco. Qui si abbandona la strada, che scende verso l’Alpe Granda e si prende la traccia che segue il filo della dorsale erbosa. La costa divide la Val Terzana a sinistra dalla Valtellina a destra. La traccia, ancora ben evidente (ci sono anche alcuni giganteschi ometti) conduce fino a una prima quota, Cima Vignone. Da qui si perde il filo di cresta per aggirare una cima senza nome e raggiungere in breve una sella (2600 m). Questa parte del percorso è meno evidente, ma la sella rimane inconfondibile. Dalla sella si sale la ripida rampa che porta dritti in vetta al Pizzo Bello.

Quest’ultima è la parte più ripida e un poco esposta del percorso ma non presenta difficoltà particolari. Sebbene tutto il giro presenti difficoltà escursionistiche, non lo consiglio a chi non abbia una minima dimestichezza con i terreni poco battuti e per nulla frequentati. Perdersi è difficile, ma di tanto in tanto qualche passaggio un filo esposto c’è.

Per tornare indietro ci si riporta alla sella e da qui abbiamo più possibilità. 1- Seguire lo stesso percorso di salita; 2-continuare fino al Passo di Scermendone (rari bolli) e poi scendere percorrendo tutto il fondovall; 3- scendere fuori traccia e intercettare il sentiero di fondovalle senza arrivare al Passo. Per mancanza di tempo ho seguito la terza possibilità, ma ripensandoci sarebbe stato più bello arrivare al Passo e gettare lo sguardo alla vicina valle di Postalesio.

La gita è bella e solitaria e non è faticosa. In tutto sono circa mille metri di dislivello per 15 chilometri di sviluppo. Consiglio di compierla in autunno, quando i larici danno il meglio di sé.

Val Terzana - Scermendone - Alpi Retiche Occidentali - Val Masino - Pizzo Bello
La Valle di Scermendone, o Terzana, osservat dal Pizzo Bello.

giovanni baccolo – dicembre 2022

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