6 Marzo 2021
Il cuore Alpino dell’Antartide Orientale
Antartide: un pianeta nel pianeta

Antartide: il deserto bianco, quell’enorme distesa di ghiacci che riempie la regione polare dell’emisfero australe. È gigantesca, ma è anche lontana e isolata. Laggiù i fenomeni naturali seguono leggi che potrebbero sembrarci addirittura diverse rispetto a quelle con cui ci confrontiamo solitamente. Non è esagerato descrivere l’Antartide come un pianeta alieno rimasto intrappolato sulla Terra.
Grazie alla dimensione, alla lontananza e alla sua spaventosa monotonia, crediamo che l’Antartide e i suoi ghiacciai esistano da sempre e che per sempre esisteranno (anche se ultimamente ci stiamo impegnando per movimentare le cose). Ghiaccio sempre uguale a sé stesso nel tempo e nello spazio. Siamo sicuri?
Storia breve dell’Antartide
Oggi l’Antartide è in posizione polare, ben centrata sul Polo Sud. Quasi rotonda, interamente circondata dall’Oceano Meridionale. Se è il luogo più freddo del pianeta, lo deve proprio a queste caratteristiche.
La posizione polare fa sì che l’energia solare che investe il continente sia poca e mal distribuita. Il fatto che l’Antartide sia circondata dall’Oceano ha permesso che intorno ad essa si sviluppassero correnti in perenne rotazione. Ciò limita gli scambi di calore con le basse latitudini, mantenendo il continente isolato. Questi fattori, unitamente alla quota elevata della calotta interna, la rendono il luogo più freddo del pianeta.
La configurazione geografica dell’Antartide non è però sempre stata quella che conosciamo. Fino a una quarantina di milioni di anni fa, l’Antartide era unita al Sud America e alla Tasmania. È stato il lento lavoro della tettonica a isolarla, disserrando il Passaggio di Drake e quello di Tasmania. L’apertura dei due bracci di oceano ha isolato l’Antartide e innescato la circolazione circolare.
Questo evento tettonico, avvenuto circa quaranta milioni di anni fa, ha avuto effetti sul clima di tutto il pianeta. Prima di allora l’Antartide non aveva ghiacciai, ospitava invece foreste temperate. Solo dopo alla sua segregazione i ghiacci hanno cominciato a espandersi, favoriti dal raffreddamento indotto dall’isolamento climatico. Le conseguenze hanno interessato tutta la Terra , causando una sensibile riduzione delle temperature.

Geografia essenziale
L’uniformità dell’Antartide è solo apparente. Da un punto di vista geografico, glaciologico e climatico è suddivisa in tre macro-aree dotate di caratteristiche diverse. Antartide Orientale, Occidentale e Penisola Antartica. La prima è quella più estesa che ospita i ghiacciai più potenti [termine che in geologia indica lo spessore]. La sua parte interna, il cosiddetto plateau antartico, ha una quota media di circa 3000 metri.
L’Antartide Occidentale, separata da quella Orientale dalla catena delle Montagne Transantartiche, è una versione in piccolo della sorella più grande. C’è però una una caratteristica che la distingue : il letto su cui poggiano i suoi ghiacciai si trova in buona parte sotto al livello del mare, rendendola instabile da un punto di vista glaciologico. Al contrario, i ghiacciai dell’Antartide Orientale poggiano in buona parte su terre emerse, poste a quote positive. Questo significa che le correnti oceaniche non possono scalfirla e che il suo comportamento è governato da processi solamente atmosferici.
Grazie a ciò, la calotta antartica orientale è molto più stabile di quella Occidentale. I dati dicono che essa esiste da quaranta milioni di anni, mentre quella Occidentale è invece collassata più volte.
E la Penisola Antartica? Questa parte del continente bianco è in effetti quella meno Antartica di tutte. È posta a latitudini più basse ed è circondata dall’oceano. Ciò la rende più simile ai contesti artici che non a quelli prettamente antartici. I suoi ghiacciai subiscono deboli cicli di gelo/disgelo e le nevicate cadono abbondanti.
Tutto questo per dire che l’Antartide ha una storia complicata alle spalle, scandita da cambiamenti giganteschi.
Immaginate l’Antartide 35 milioni di anni fa. Si è da poco isolata e sta rapidamente raffreddandosi. Non ci sono ghiacciai che la ricoprono, ma fa sempre più freddo e sulle montagne comincia a nevicare sempre più spesso. Le foreste si ritirano verso le coste e il clima diventa rigido. La neve invernale si accumula e sulle montagne più alte e interne si formano i primi ghiacciai antartici. E quali sono queste montagne? Ma è ovvio, le Montagne Gamburtsev!
Montagne Antartiche

Non sono in molti a conoscere le Montagne Gamburtsev, probabilmente perché sommerse dal ghiaccio. Eppure si tratta di una catena estesa quanto le nostre Alpi, con cime che sfiorano i 3000 metri.
Sotto alle calotte antartiche si nascondono numerose catene montuose che in molti casi bucano il ghiaccio, mostrando le cime più alte. Basti pensare alle Montagne Transantartiche che attraversano il continente, oppure al massiccio del Monte Vinson, la cui cima è il punto più alto dell’Antartide (4892 metri).

Tra le catene montuose antartiche le montagne Gamburtsev sono le uniche ad essere completamente sepolte dal ghiaccio. Si trovano in corrispondenza di Dome Argus (o Dome A), il duomo glaciale più alto dell’Antartide Orientale.
La superficie del plateau Antartico non è pianeggiante come sembra. In realtà è percorsa da pendenze dolci che si innalzano procedendo verso l’interno del continente. La topografia glaciale culmina in quelli che sono definiti duomi glaciali: giganteschi panettoni di ghiaccio. A Dome A la quota della superficie glaciale è di 4093 metri. Proprio sotto al duomo si estendono le misteriose Montagne Gamburtsev. I picchi della catena raggiungono una quota media di circa 2500 metri. Ciò significa che lo spessore di ghiaccio che le ricopre è di circa 1500 metri.

A scoprire le montagne Gamburtsev sono stati gli scienziati russi della Terza Spedizione Antartica Sovietica (1958), organizzata in occasione dell’anno geofisico internazionale. I ricercatori individuarono le montagne sotto al ghiaccio grazie alle prospezioni sismiche che effettuarono mentre raggiungevano il Polo dell’Inaccessibilità (il punto dell’Antartide più lontano dalla costa). Dedicarono la catena montuosa al geofisico russo Grigory Aleksandrovich Gamburtsev (1903-1955). Una parte periferica fu invece chiamata Massiccio Vernadsky, in onore di un altro scienziato russo, il geochimico Vladimir Vernadsky (1863-1945).
Dopo questi primi studi, le Montagne Gamburtsev sono rimaste ai margini dell’esplorazione scientifica per molto tempo. Le cose sono cambiate solo negli ultimi anni.
Montagne Gamburtsev, dove nacquero i ghiacciai Antartici
Recentemente gli scienziati hanno mostrato un rinnovato interesse verso i Monti Gamburtsev. Da una parte i paleoclimatologi stanno cercando il luogo più adatto per perforare nuove carote di ghiaccio e la zona di Dome A sembra promettente. Dall’altra, nuove energie sono indirizzate allo studio delle calotte polari, con l’obiettivo di comprenderne la vulnerabilità rispetto ai cambiamenti climatici.
Ricordate quando l’Antartide non era coperta da ghiacci? Ecco, una cosa che interessa molto gli scienziati è comprendere come la Calotta Orientale sia nata e si sia sviluppata. I modelli climatici suggeriscono che le Montagne Gamburtsev abbiano avuto un ruolo importante. Sebbene non raggiungano quote particolarmente elevate (2500-2700 metri), esse sono la catena più interna dell’Antartide, dove la temperatura è più fredda.
I primi ghiacciai a formarsi sulle Montagne Gamburtsev erano simili a quelli alpini. Una volta coperti i fianchi delle montagne, continuarono a espandersi. La cosa deve essere sfuggita di mano perché nell’arco di qualche milione di anni quegli stessi ghiacciai avevano ormai inglobato un continente intero.
Nell’immagine qui sotto è mostrata l’evoluzione della calotta antartica orientale. Il nucleo sviluppato sulle Montagne Gamburtsev non fu l’unico, ma grazie alla sua posizione centrale fu quello più importante. Il baricentro glaciologico dell’Antartide Orientale.

Alla scoperta delle Montagne Gamburtsev
Dopo aver scoperto il ruolo delle Montagne Gamburtsev nella storia glaciale antartica, gli scienziati hanno deciso di tornare sul campo. I primi a farsi avanti dopo i pionieri russi sono stati i ricercatori cinesi. Alla ricerca del punto più adatto per un carotaggio, hanno raccolto informazioni sulla morfologia sommersa di queste montagne. Contro ogni previsione, hanno scoperto che i Gamburtsev hanno forme spiccatamente alpine, con picchi e creste affilate. Le nuove evidenze, come spesso accade, hanno offerto lo spunto a nuove domande:
- Come ha fatto una catena montuosa sepolta nel ghiaccio a conservarsi in modo così stupefacente?
- Cosa racconta la morfologia dei Monti Gamburtsev?
Per rispondere agli interrogativi, un team di ricerca internazionale ha dato il via nel 2007 al progetto AGAP: Antarctica’s Gamburtsev Province Project. Per studiare a fondo i Gamburtsev, gli scienziati hanno volato per 100.000 km sulla superficie dell’Antartide, coprendo una superficie di circa 200.000 km quadrati. Sugli aeroplani impiegati hanno installato strumenti per studiare la superficie glaciale e quella subglaciale (radar, gravimetria, laser).

Sulle forme dei Monti Gamburtsev
I dati raccolti dal progetto AGAP non hanno soltanto confermato le evidenze dei ricercatori cinesi, ma hanno svelato un mondo di cui nessuno sospettava l’esistenza. La topografia dei Gamburtsev è stata ricostruita con un livello di dettaglio incredibile. Qui sotto è mostrato un esempio. Aldilà della precisione impressionante dei dati (ricordiamo che queste montagne sono sepolte da oltre un km di ghiaccio), quello che sorprende è la complessità del rilievo. Con un’occhiata appaiono evidenti ampi sistemi vallivi che si alternano a massici elevati. Insomma, se non sapessimo di cosa stiamo parlando, potremmo pensare di osservare una carta delle Alpi.

Dopo aver rilevato la topografia, gli scienziati hanno studiato la morfologia del rilievo. Uno dei cardini della geomorfologia dice infatti che dallo studio delle forme è spesso possibile risalire ai processi che le hanno plasmate. Le evidenze mostrano che le valli principali delle Montagne Gamburtsev sono di origine fluviale, a causa della struttura dendritica (ramificata) dei reticoli vallivi, caratteristica tipica dei sistemi fluviali.
Il fatto che le Montagne Gamburtsev conservino i segni di un’antica attività fluviale è importante perché aiuta a datarle. Se i fiumi hanno scolpito questi monti, allora essi si sono sollevati prima che l’Antartide fosse glacializzata. La loro età non può quindi essere inferiore a 40-50 milioni di anni, precedente alla glaciazione antartica.
Oltre ai segni fluviali, le Montagne Gamburtsev sono ricche di forme glaciali, come i circhi posti alla testata delle valli, la valli sospese, aree sovra-escavate dall’azione del ghiaccio. La loro analisi ha permesso di distinguere le diverse fasi della glacializzazione. I primi ghiacciai sono nati in quota, scolpendo i circhi posti alle quote maggiori. È stata poi la volta dei grandi ghiacciai vallivi che con le loro lingue hanno colmato i solchi vallivi maggiori. Questi si sono accresciuti fino a formare calotte locali che si sono in ultimo fuse tra loro, ricoprendo l’intera catena.
Se ricordate la classificazione delle glaciazioni proposta da Ardito Desio, coglierete in questa vicenda un’evoluzione che porta da un glacialismo di tipo Pirenaico/Alpino a quello Antartico, passando per quello Himalayano/Alaskiano.
Il fatto che le forme dei Gamburtsev raccontino una storia così complessa non è affatto scontato. Come hanno fatto a conservarsi così bene sotto al ghiaccio, che è il più potente agente erosivo?
L’importanza del ghiaccio freddo
Se le Montagne Gamburtsev non sono state smantellate dal ghiaccio dipende dal freddo dell’Antartide Orientale. Le temperature laggiù sono sempre ampiamente negative, impedendo al ghiaccio di fondere anche nel breve periodo estivo. Questa è la caratteristica che distingue i ghiacciai freddi, che non vanno mai in fusione, da quelli temperati, che invece sono soggetti a cicli stagionali di gelo/disgelo.
Nei ghiacciai temperati come quelli Alpini, il contatto tra la roccia e il ghiaccio è lubrificato dalla presenza di acqua di fusione, permettendo al ghiacciaio di scivolare ed erodere il substrato. I ghiacciai freddi sono invece secchi e non possono scorrere sulla roccia perché incollati al fondo dal gelo.

Nelle due situazioni il movimento del ghiaccio avviene con meccanismi diversi: tramite scivolamento/scorrimento nei ghiacciai temperati, per pura deformazione interna in quelli freddi. Le Montagne Gamburtsev sono avviluppate in una coltre di ghiaccio freddo, saldamente incollata alla roccia. Essendo il ghiaccio freddo immobile, il suo potere erosivo è pressoché nullo e ha permesso ai picchi di conservarsi nonostante i milioni di anni sotto al ghiaccio.
Problemi isostatici: quanto sono alte le Montagne Gamburtsev?
I lettori più attenti avranno forse colto un’imprecisione. Ho ripetuto che i Gamburtsev hanno cime alte circa 2500 metri, ma nell’immagine con il dettaglio orografico i colori utilizzati indicano elevazioni di oltre 3500 metri.
Non si tratta di un errore, la discrepanza è dovuta al fenomeno dell’isostasia. Questo termine indica la capacità della crosta terrestre di deformarsi se dovutamente sollecitata. Le calotte polari sono talmente pesanti da causarne il locale sprofondamento. Le Montagne Gamburtsev hanno quote di circa 2500 metri, ma prima che l’Antartide fosse coperta dai ghiacci non era così perché la crosta terrestre non era depressa dal ghiaccio. Erano alte un migliaio di metri in più rispetto a oggi. Se ignorassimo lo sprofondamento dovuto all’isostasia, i picchi principali dei Gamburtsev sfiorerebbero i 4000 metri.

Non sono montagne per uomini
Ammetto che fino a un paio di mesi fa non avevo mai sentito nominare le Montagne Gamburtsev, ma appena le ho scoperte mi hanno subito affascinato. Nel gelido isolamento in cui sono sepolte da milioni di anni, queste cime ci ricordano che anche nei posti più impensabili si celano storie complesse e inaspettate. Le prospezioni mostrano queste montagne così frastagliate e articolate; cerco di immaginarle ma faccio fatica. Non è il nostro mondo, l’Antartide è un altro pianeta. Chi l’avrebbe detto che sulla Terra ci fossero monti su cui nessuno potrà mai posare lo sguardo?
Per approfondire
- Lythe et al. (2001) BEDMAP: A new ice thickness and subglacial topographic model of Antarctica Journal of Geophysical Research: Solid Earth 106: 11335-11351.
- Zachos et al. (2001) Trends, rhythms, and aberrations in global climate 65 Ma to present Nature 292: 686-693.
- De Conto & Pollard (2003) Rapid Cenozoic glaciation of Antarctica induced by declining atmospheric CO2 Nature 421: 245-249.
- Bo et al. (2009) The Gamburtsev mountains and the origin and early evolution of the Antarctic Ice Sheet Nature 459: 690-693.
- Rose et al. (2013) Early East Antarctic Ice Sheet growth recorded in the landscape of the Gamburtsev Subglacial Mountains. Earth and Planetary Science Letters 375:1-12.
Molto interessante, ignoravo l’esistenza di questo sistema montuoso!
Grazie Giovanni
Di nulla, grazie a te! L’Antartide e i suoi ghiacciai non smettono mai di stupire!