La storia della Curva di Keeling, una pietra miliare delle scienze ambientali
“Le misure di Keeling sull’aumento della CO2 nell’atmosfera del pianeta hanno costruito le basi profonde per la consapevolezza che oggi esiste del cambiamento climatico. Rappresentano il singolo più importante risultato scientifico raggiunto nel campo delle scienze ambientali nel ventesimo secolo.”
Charles Kennel – professore emerito di climatologia

Introduzione alla Curva di Keeling
Almeno una volta avrete posato gli occhi su questo grafico. Quella curva protesa verso l’alto è l’emblema della nostra epoca. L’agognata crescita economica? La popolazione mondiale in aumento? Non proprio, ma in qualche modo il significato di questo andamento è strettamente legato a ciò.
Il grafico, chiamato Curva di Keeling, mostra l’aumento della concentrazione di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera del nostro pianeta. È il simbolo tangibile e inequivocabile dell’impatto che le attività umane hanno sulla Terra. Si può ben dire che la Curva di Keeling è uno dei prodotti scientifici più importanti e simbolici della nostra epoca.
Questo articolo è dedicato alla storia del grafico, al suo significato e allo stretto rapporto che unisce l’andamento della concentrazione atmosferica di anidride carbonica al clima del nostro pianeta.
Monitorare la CO2 in atmosfera: l’idea di Charles David Keeling
Gli inizi
Alla fine degli anni ’50 Charles David Keeling, fresco di laurea, aveva appena iniziato a interessarsi alla geochimica, la branca della chimica che studia le componenti della Terra utilizzando i concetti e gli strumenti propri della chimica. A quell’epoca la concentrazione di anidride carbonica (o biossido di carbonio o più semplicemente ancora CO2, la sua formula stechiometrica) in atmosfera non era nota con precisione. Le misure riportate oscillavano tra 250 e 500 parti per milione.
Si pensava che l’incertezza fosse dovuta alla scarsa accuratezza degli strumenti che ancora non riuscivano a misurare in modo efficace un gas la cui concentrazione in atmosfera è inferiore allo 0.1 % del volume totale. Cento parti per milione (ppm) corrispondono infatti a una concentrazione percentuale di 0.01 %.

Vista la poca e approssimativa conoscenza dell’anidride carbonica in atmosfera, Keeling decise di costruirsi da sé gli strumenti necessari per farlo e iniziò una puntigliosa campagna di misure nella regione costiera della California.
I risultati non tardarono ad arrivare. Keeling scoprì che la concentrazione di CO2 in atmosfera non è costante ma segue delle oscillazioni giornaliere. La concentrazione misurata nella bassa atmosfera è bassa e stabile durante il giorno e aumenta di notte.
Spiegare questo fenomeno non fu difficile. Di giorno le piante consumano l’anidride carbonica per compiere la fotosintesi clorofilliana. Di notte la producono con la respirazione. Inoltre, di giorno i moti convettivi innescati dal riscaldamento solare creano turbolenze che rimescolano l’atmosfera, facendole assumere un valore uniforme. Di notte l’atmosfera stratificata rende la concentrazione più instabile e soggetta a fluttuazioni.

Con questi primi studi Keeling aveva spiegato perché la concentrazione di CO2 non è costante, ma cambia seguendo cicli diurni marcati. Il primo passo di un’avventura scientifica che sarebbe durata oltre quarant’anni.
L’osservatorio di Mauna Loa di Keeling: nasce la Curva di Keeling
Gli studi di David Keeling attirarono l’attenzione di molti istituti ricerca. Diversi laboratori offrirono una posizione a Keeling per continuare le misurazioni dell’anidride carbonica in atmosfera. Si intuiva che quel campo di indagine sarebbe stato fondamentale per comprendere l’impatto delle attività umane sul sistema climatico.
Keeling si trasferì all’istituto Scripps di Oceanografia, vicino a San Diego in California, uno dei più prestigiosi istituti di ricerca sulle Scienze della Terra. Proprio in quell’anno, il 1957, venne proclamato l’Anno Geofisico Internazionale. L’obiettivo era quello di coordinare delle campagne scientifiche internazionali volte alla comprensione di fenomeni poco conosciuti. Fu la stessa iniziativa che aveva portato alla scoperta delle Motagne Gamburtsev sepolte dai ghiacciai Antartici.
La comprensione del comportamento dell’anidride carbonica in atmosfera era uno di questi fenomeni. Venne quindi proposto a Keegan di realizzare un avamposto di misurazione della CO2 alle Hawaii, sulle pendici del gigantesco vulcano Mauna Loa.
La scelta del grande vulcano fu tutt’altro che casuale, fu anzi il frutto di attente considerazioni. Keeling aveva mostrato che nella bassa atmosfera la concentrazione di CO2 è estremamente variabile. Piante, turbolenze atmosferiche, emissioni da parte dei motori termici. Questi fattori rendono difficile misurare valori stabili di CO2 in bassa atmosfera. Le caratteristiche del Mauna Loa risolvevano in buona parte questi problemi.
Le piante non crescono nella parte alta del vulcano, inoltre la posizione remota al centro del Pacifico rende le Hawaii un luogo poco influenzato dalle attività umane. Ultimo fattore, le correnti atmosferiche prevalenti che circolano intorno al vulcano spirano dall’alta quota verso il mare. Ciò limita ulteriormente l’effetto di disturbo portato dalle lussureggianti foreste che prosperano nella regione costiera del Mauna Loa.
Fu identificata un’unica potenziale interferenza: le emissioni prodotte dal vulcano stesso. Il Mauna Loa è un vulcano attivo che rilascia abbondanti emissioni gassose in atmosfera. Tra queste c’è anche la CO2 e la cosa preoccupò non poco Keeling e i suoi collaboratori. Ben presto gli scienziati si resero però conto che i picchi di concentrazione dovuti all’anidride carbonica vulcanica erano talmente evidenti da essere facilmente riconoscibili e facili da scartare.
Grazie a questi indubbi vantaggi, fu deciso di installare sul Mauna Loa un osservatorio permanente per la misura dell’anidride carbonica in atmosfera. Gli strumenti furono sistemati a 3400 metri, circa 800 metri sotto alla cima del vulcano.
Le misure iniziarono nella primavera del 1958. Il giovane scienziato si impegnò affinché fin da subito la precisione dei suoi strumenti si aggirasse intorno al decimo di parte per milione. Molti suoi colleghi sorrisero, pensando che tale precisione sarebbe stata inutile vista la variabilità della concentrazione di CO2 in atmosfera. Si sarebbero presto ricreduti.
Da allora, e sono trascorsi 64 anni, gli strumenti non hanno mai smesso di funzionare, dando vita alla più completa e longeva serie di misurazioni di anidride carbonica in atmosfera. Probabilmente David Keeling non realizzò che il suo esperimento sarebbe stato uno dei più importanti successi scientifici di tutti i tempi.
Come varia l’anidride carbonica in atmosfera?
Le oscillazioni annuali: il respiro della Terra
Gli strumenti sembravano funzionare correttamente ma era difficile capire cosa stesse succedendo. Per vederci chiaro Keeling dovette aspettare il 1959, quando riuscì ad acquisire una serie annuale completa. I nuovi dati, riportati qui sopra, mostrano che i trend intravisti nel 1958 erano confermati. Keeling stava osservando le oscillazioni stagionali della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera.
Essa raggiunge un massimo in primavera e tocca il minimo in autunno. Perché? Come spiegò lo stesso Keeling: «eravamo per la prima volta testimoni del sequestro di anidride carbonica dall’atmosfera da parte della crescita estiva delle piante e del suo successivo ritorno durante l’inverno».
L’oscillazione può essere poeticamente definita il respiro della Terra ed è dovuta alla asimmetria delle foreste terrestri, più sviluppate nell’emisfero boreale che in quello australe. La concentrazione di CO2 raggiunge il massimo in primavera, prima che le piante entrino nella fase vegetativa. La crescita estiva delle foglie consuma la CO2 che aumenta nuovamente in autunno quando le piante perdono le foglie. L’entità dell’oscillazione è contenuta, 5 parti per milione, a fronte di una concentrazione totale che negli anni ’60 era di circa 315 ppm (1.5 %).
Ancora oggi, a 60 anni dall’inizio delle misurazioni, le oscillazioni annuali della CO2 sono ben riconoscibili. Le si può apprezzare nel grafico a fianco, aggiornato con gli ultimi dati provenienti dall’osservatoria di Mauna Loa.
Oltre alle oscillazioni, evidenziate dalla curva rossa, risulta però evidente un secondo pattern. Parlo ovviamente della salita continua dei valori (curva nera) ben evidenziata dalla Curva di Keeling.
C’è una differenza sostanziale tra i due trend. Le oscillazioni stagionali sono un fenomeno naturale. La salita che di anno in anno spinge i livelli di anidride carbonica verso l’alto è invece un processo di origine antropica. Esso non ha nulla a che fare con la variabilità climatica e ambientale della Terra.
Il trend di lungo periodo: il fattore antropico
Pochi anni dopo aver iniziato le misure, Keeling si accorse di un fenomeno importante. Anno dopo anno la concentrazione di CO2 in atmosfera aumentava. Non solo, man mano che gli anni passavano la salita accelerava. Se negli anni ’60 l’incremento annuale era di 0.7 ppm, attualmente la crescita è di oltre 2 ppm per anno.
David Keeling dedicò decenni per studiare l’andamento della CO2 ricostruito grazie ai suoi dati. Interpretò l’aumento alla luce del massiccio utilizzo di combustibili fossili da parte della civiltà umana. Carbone, gas, petrolio, bruciati per alimentare industrie, città, veicoli. Il sistema economico globale si regge sullo sfruttamento di tali risorse, la cui combustione produce anidride carbonica. Usiamo gli idrocarburi perché sono un formidabile concentrato di energia, facile da estrarre e da utilizzare.
Il problema è che lo sfruttamento umano è stato così rapido e massiccio da consumare in pochi decenni i combustibili fossili che la geologia ha impiegato centinaia di milioni di anni ad accumulare.
Keeling stimò che per giustificare l’aumento di CO2, bisogna considerare che metà dell’anidride carbonica prodotta dalla combustione dei fossili finisce in atmosfera. L’altra metà è invece assorbita dagli oceani.
Se tutta la CO2 fosse finita in atmosfera, la sua concentrazione non sarebbe di 420 ppm ma di almeno 500 ppm. Il fatto che gli oceani abbiano incamerato enormi quantità di anidride carbonica ha però determinato la loro acidificazione con gravi conseguenze sugli ecosistemi marini. L’anidride carbonica in acqua si trasforma infatti in acido carbonico.
Salita della CO2 in atmosfera, perché è un problema?
Non era possibile concludere questo articolo senza spendere qualche parola sul legame che lega la CO2 al clima del pianeta.
È proprio questo il nodo centrale. Il fatto che la concentrazione di anidride carbonica stia aumentando non è soltanto un curioso fenomeno da studiare. Le conseguenze di questo fenomeno le viviamo sulla nostra pelle giorno dopo giorno, dando loro il nome di Cambiamento Climatico. Dall’epoca pre-industriale la temperatura planetaria è aumenta di 1.5 °C. Il motivo è il rilascio di CO2 in atmosfera, uno dei più importanti gas a effetto serra. La curva di Keeling è il racconto in diretta del Cambiamento Climatico.
La CO2 assorbe con efficacia la radiazione infrarossa. Un’atmosfera ricca di anidride carbonica è più opaca nella regione infrarossa dello spettro elettromagnetico. Ciò ostacola il trasferimento di energia dalla Terra allo spazio esterno. Questo semplice meccanismo è il nocciolo del Cambiamento Climatico di origine antropogenica che stiamo attraversando.
Qualcuno dirà “Il clima è sempre cambiato e sempre cambierà, non c’è nulla di strano“. Questa affermazione è corretta. Il clima è un sistema dinamico in continua evoluzione. Ciò che accade oggi è però fuori scala rispetto alla variabilità climatica naturale. Come facciamo a saperlo? È stata la curva di Keeling a dircelo!
Nel grafico qui sotto (lo prometto, è l’ultimo) la Curva di Keeling è accoppiata ai dati forniti delle carote di ghiaccio. La combinazione ha permesso di ricostruire l’andamento nelle ultime centinaia di migliaia di anni. Ci sono vistose oscillazioni. Periodi con elevate concentrazioni di CO2 corrispondono ai periodi caldi interglaciali (come quello attuale). I momenti con valori più bassi sono invece i glaciali (come quello terminato 20.000 anni fa). Tra i due estremi climatici la CO2 oscilla tra 200 e 300 ppm. Oggi siamo a oltre 420 parti per milione. Ecco svelato l’arcano. Il clima cambia, è suo mestiere farlo, ma non è mai cambiato come accade ora.
L’utilizzo degli idrocarburi ha portato i livelli di CO2 in atmosfera a valori che non venivano raggiunti da milioni di anni. Il celebre riscaldamento globale (che preferisco definire cambiamento climatico, come spiegato qui) è la risposta del clima a tale perturbazione. Se oggi questi fatti sono certezze scientifiche condivise da migliaia di scienziati di tutto il pianeta, lo dobbiamo a David Keeling e alla sua curva. Una salita verso un clima che non conosciamo.
Fonti e approfondimenti
- Fonselius et al. (1956) «Carbon Dioxide Variations in the Atmosphere» Tellus 8:176-183.
- Harris (2010) «Charles David Keeling and the Story of Atmospheric CO2 Measurements» Analytical Chemistry 82:7865-7870.
- Pales & Keeling (1965) «The concentration of atmospheric carbon dioxide in Hawaii» Journal of Geophysical Research 70:6053-6070.
Articolo molto ben redatto. Utile.
Complimenti.
Preso buona nota del sito.
GG
Però qualcuno dovrebbe spiegare,che le atmosfere del globo Boreale e Australe(che come dovrebbe essere noto, hanno due direzioni opposte),si mescolano poco(si mescolano solo nel punto di frizione all’equatore),per cui qualcuno dovrebbe spiegare come mai la presenza percentuale della CO2 nell’aria Boreale e Australe,è sostanzialmente identica,LADDOVE quasi TUTTE le industrie sono nell’emisfero Boreale…
Caro Fabio, grazie del commento. L’atmosfera come dici tu ha un certo grado di separazione a livello emisferico, difatti la concentrazione di CO2 nell’emisfero australe e’ lievemente inferiore rispetto a quella misurata nell’emisfero nord. Il motivo, come suggerisci anche tu, e’ proprio che la maggior parte della produzione di CO2 di origine antropica arriva dall’emisfero boreale. Mediamente per la CO2 il tempo di rimescolamento atmosferico tra i due emisferi e’ di un anno, questo spiega la sottile differenza osservata tra i due emisferi (che e’ comunque di pochi ppm). In pratica l’emisfero sud e’ in leggero ritardo rispetto a quello settentrionale, ma il segnale arriva. Ci mette solo un pochino di piu’. Se devo essere sincero non ho capito il punto del tuo intervento.
Se hai voglia di approfondire ti consiglio questo studio che mostra la variabilita’ emisferica della CO2 in atmosfera: https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/2016GL070885
il punto è che viceversa l'”inquinamento” atmosferico è decisamente più alto nell’emisfero Boreale.Morale la CO2 spacciata come il male attuale,e di origine antropica,per me è un falso allarme!Il vero allarme è l’inquinamento,laddove ci fosse questo annuale rimescolamento,sarebbe quasi uguale fra i due emisferi,come per la CO2.
Bisogna stare attenti a non fare confusione. Alcune sostanze sono inquinanti, pensiamo per esempio ai solfati, i composti organici volatili, il particolato fine. Questi sono inquinanti e la loro presenza in atmosfera puo’ produrre degli effetti negativi sia sugli ecosistemi che sulla salute umana. discroso diverso per la CO2, che non possiamo definire inquinante, perlomeno non nel senso classico del termine. La CO2 non produce infatti effetti negativi sulla salute, perlomeno alle concentrazioni tipiche dei contesti atmosferici ambientali. Possiamo definire la CO2 un inquinante climatico dal momento che la sua crescente presenza in atmosfera sta modificando il bilancio radiativo terrestre e provocando il cambiamento climatico.
Il fatto che la CO2 sia relativamente ben mescolato nell’atmosfera dell’intero pianeta (sebbene con le piccole differenze che citavo nel commento precedente) mentre gli inquinanti “classici” siano presenti soprattutto nelle zone industrializzate non deve sorprendere. La maggior parte degli inquinanti classici (per fortuna) ha tempi di residenza in atmosfera abbastanza brevi, spiegando perche’ spostandosi lontano dalle fonti di emissione le concentrazioni rilevate calano significativamente. Al contrario la CO2 una volta immessa in atmosfera li’ rimane per almeno 5-10 anni, permettendole di diffondersi in tutto il pianeta. Mi sembra che nel tuo commento confondi inquinamento e effetto sul clima, sono due cose diverse! Nell’articolo parlo solo del secondo punto
Non può essere che la CO2 è solubile nell’acqua e quindi cade con la pioggia e poi risale con l’evaporazione, ma nel frattempo si è spostata per via delle correnti marine?
Grazie.