6 agosto 2020
La storia climatica del Camedrio Alpino
Un fiore di montagna
Quando ad inizio estate passeggiamo in quota vale la pena prestare attenzione ad alcuni fiori bianchi: Dryas octopetala. Il nome comune di questa pianta è Camedrio alpino. La bellezza di questo fiore è discreta e richiede attenzione per essere colta. A prima vista il Camedrio è un fiore tra i tanti; bello, ma non particolarmente vistoso. Esso predilige i terreni poveri, come i pascoli rocciosi o i macereti. Lo si trova soprattutto dove la roccia affiorante è calcarea o dolomitica, a una quota tra 1500 e 2500 metri.
Dryas octopetala è una suffruticosa: una pianta perenne di piccole dimensioni dotata di fusto legnoso ed estremità erbacee. Il nome deriva dalla somiglianza delle sue foglie con quelle della quercia (δρῦς – drŷs in greco antico). Potrà sembrare strano che una pianta così minuta sia paragonata a un albero, eppure le foglie del Camedrio ricordano proprio quelle della quercia. Sono finemente dentellate e innervate fittamente. Il nome della specie, octopetala, lo si deve invece agli otto petali che ne costituiscono il fiore.

Il Camedrio è estremamente resistente, capace di prosperare laddove molte piante non provano nemmeno ad attecchire. Si adatta a terreni poveri come quelli lasciati liberi dai ghiacciai. Non è raro rinvenire Dryas tra morene e pietraie liberate dai ghiacci da pochi anni. Il Camedrio è infatti tra i primi organismi a colonizzare (pianta colonizzatrice o pioniera) terreni dove non vi è traccia di sostanza organica. Ha inoltre, insieme a poche altre piante, la capacità di migliorare la qualità di tali terreni, arricchendoli di sostanze nutritive e rendendoli adatti a ospitare piante più esigenti. La sua funzione ambientale è notevole e contribuisce in modo sostanziale all’evoluzione delle successioni ecologiche che si sviluppano nelle aree deglaciate.
Camedrio alpino: un vagabondo climatico
Un fiore resistente, perfettamente adattato ai rigori dell’alta quota e alla mancanza di sostanze nutritive; queste sono le caratteristiche più note di Dryas. Eppure il fiore bianco nasconde dell’altro tra quelle piccole foglie. Il Camedrio è una specie relitta, e più in particolare un relitto glaciale. Vale a dire che è una specie adattata ai climi freddi che ha raggiunto le Alpi durante le epoche glaciali. L’areale originario dei relitti glaciali è spesso situato nelle regioni artiche. Durante le glaciazioni però esso si espanse e queste specie hanno colonizzato regioni più ampie e non circoscritte alle latitudini polari.

Durante l’ultima glaciazione, avvenuta circa ventimila anni fa, Dryas octopetala si è diffusa dall’Asia settentrionale fino all’Europa. Grazie al clima freddo divenne comune in tutto il continente. A testimonianza di ciò ci sono i sedimenti che si formarono allora, essi sono ricchi del suo polline. Trovare polline di Camedrio è una garanzia per i paleoclimatologi. Quando si imbattono in uno strato di torba ricco del suo polline, sanno di avere a che fare con materiali risalenti al periodo glaciale. Due periodi freddi prendono nome da questa pianta: le pulsazioni fredde Younger e Older Dryas (Dryas recente e arcaico, avvenute circa 12.000 e 14.000 anni fa). Il Camedrio è insomma uno dei simboli più forti della vegetazione glaciale.

Al termine dell’epoca glaciale le condizioni in Europa cambiarono e molti organismi, sia vegetali che animali, restrinsero i propri areali verso nord. Alcuni di essi però non seguirono il freddo ai poli, ma presero un’altra via: verso l’alto. Si rifugiarono sui rilievi formando popolazioni isolate. Lo studio di quest’ultime ha portato alla nascita del concetto di relitto glaciale. Ciò successe anche al Camedrio ed è per questo che oggi il suo areale è frammentato e corrisponde ai principali rilievi dell’emisfero settentrionale.
Spunti per il futuro
Dopo una quiete durata migliaia di anni, Dryas octopetala è però di nuovo in cammino. Il clima cambia ed essa deve adattarsi mantenendo fede all’antica regola: inseguire il freddo. Insieme a tante altre piante di montagna, il Camedrio sta lentamente spostandosi verso quote maggiori. Lo spostamento è impercettibile ed è scandito da tempi dilatati, corrispondenti ai decenni o addirittura ai secoli, eppure cominciamo a notarne gli effetti.
Questa storia sembrerebbe un bell’esempio di come il clima, l’ecologia e la geografia interagiscano tra loro nel mondo naturale; io però colgo anche un significato nascosto che ci dovrebbe aiutare a riflettere.
Presto potrebbero non essere le sole piante a intraprendere un vagabondaggio climatico. Potremmo essere noi stessi coinvolti in qualcosa di simile. Milioni di persone dovranno presto affrontare il problema di una ridotta abitabilità dei territori dove sono oggi insediati. Le migrazioni climatiche diventeranno sempre più frequenti. Questi cambiamenti non saranno poetici come la lenta risalita del Camedrio. Il piccolo fiore cerca però di avvisarci, anche se forse lo fa troppo silenziosamente per noi sempre più abituati al clamore.